Percorrendo gli spazi della mostra temporanea di Museo Ottocento Bologna, dedicata alla famiglia Savini, il visitatore noterà un certo interesse per la rappresentazione di figure femminili sia in Alfonso che in Alfredo, padre e figlio, a cui è dedicata parte dell’esposizione.

Le donne nei due autori emergono però, quasi sempre, come donne d’alto borgo, fotografate disinteressate dallo sguardo dell’artista, figure d’ispirazione in ritagli neo-settecenteschi, o come figure sacre, classicheggianti o familiari. Tra le eccezioni più immediate a questa tendenza, troviamo due opere di Alfredo (1868-1924), Albori primaverili e le Lavandaie, tele il cui confronto risulta obbligato, per analizzare due rappresentazioni femminili inevitabilmente ottocentesche, sia a livello tematico che stilistico. Albori primaverili si richiama al secessionismo aggiornato e si caratterizza da una voglia di ricercare nuovi stili e nuove influenze. Un’opera dal gusto simbolista, testimoniato subito dai richiami ulteriori, estranei al primo sguardo, al procedere delle stagioni e al ciclo della natura. La giovane figura, infatti, centrale nella tela, emerge dallo sfondo del lago di Garda, quasi atelier all’esterna di Alfredo, e si sovrappone ad un giovane albero in fiore, costituendo, unendosi con esso, un richiamo al nascere della primavera. La primavera è nuova vita, dopo l’inverno, e nuovi colori, con lo stesso arancione che è protagonista della tela. Dal quadro emergono emozioni profonde, che Alfredo è ben abile nell’esprimere attraverso il colore e la forma.

A questa idealizzata, ma contemporaneamente reale, rappresentazione della natura, tra la vegetazione lacustre, si oppone l’opera incompleta de le Lavandaie. Questa vede spiccare dal medesimo sfondo, il lago di Garda, questa volta però privato dei dettagli della riva, due figure femminili nuove. Nuove perché umili e reali, immerse in un’attività quotidiana, lavando e stendendo, in una rappresentazione irrimediabilmente verista. Un verismo che nel suo essere “stilisticamente” incompleto diventa quasi evanescente e tragico, soprattutto considerando gli eventi biografici di Alfredo, che morirà, non concludendo l’opera, lasciandosi trasportare dalla sofferenza dopo il decesso della figlia dodicenne Adonella.

Da una parte abbiamo quindi un’opera che vede emergere un significato allegorico da una scena devota alla natura, nel pieno rispetto dell’animo bucolico di Alfredo. Nel dipinto la figura femminile, protagonista, diventa simbolo, oltre alla bellezza e al realismo en passant che il quadro può lasciare a uno sguardo disattento. Dall’altra parte abbiamo le due lavoratrici, che nella loro austerità sono fotografate in un’istantanea privata di ogni interesse, se non quello verista, se non quello di testimoniare la realtà per come è. Da una parte la rinascita, dall’altra la quotidianità, ambedue espresse da interessanti scelte di colori, da una parte l’arancio di un sole che cala, dall’altra una brillantezza tendente al Sublime. Da un lato, il simbolismo si immerge in un contesto ben definito e riconoscibile, San Vigilio, che fa da sfondo a Albori primaverili, lungo la costa del Garda. Dall’altro, il realismo si colloca in uno sfondo lacustre verosimile, ma non precisamente identificabile, privo di dettagli specifici: in le Lavandaie, infatti, lo sguardo, del pittore e dell’osservatore, cade inevitabilmente solo sulle due protagoniste.

In due temi ben affrontati dall’arte del tempo, la primavera e le lavandaie, Alfredo si esprime, ritagliando il proprio spazio artistico, raccontando la femminilità secondo il suo punto di vista. Tramite il suo pennello, tra umile e idilliaco, abbraccia e concilia, all’interno della sua proficua carriera artistica, due estremi quasi, apparentemente, inconciliabili. La femminilità però sembra rimanere un soggetto passivo, soprattutto nelle Lavandaie, inerme nella rappresentazione, costretto in questo stesso dualismo, tra modesto e Sublime. Non bisogna, però, soffermarsi in questo sguardo disattento, che manca nel cogliere la invece centrale volontà di dare voce allo stesso soggetto, rendendolo protagonista “attivo”. Forse, quindi, le Lavandaie, potrebbe essere letto come un’opera desiderosa di rompere con la subalternità tradizionale femminile, storica, culturale e artistica, o forse è solo lo sguardo di un artista borghese che apprezzava rappresentare il popolo. O forse, ancora, la rappresentazione è a sua volta un’allegoria, necessaria nella tristezza delle ultime settimane di Alfredo, che nei colori tenui, brillanti della tela e nella normalità, ricercava la pace, pace che trovò senza completare l’opera, spegnendosi a soli 56 anni. In Albori primaverili invece la femminilità trascende qualsiasi discorso di subalternità, la dea Flora, che è ormai protagonista, come la natura, è disinteressata. Nell’ascesi dello scorrere trascendentale delle stagioni, la donna astratta non può che farsi ammirare, ma come si fanno ammirare gli alberi in frutto, senza perdersi in logiche umane, nella lentezza del crescere dei rami. Più di fretta sono le lavandaie, impegnate nello stendere. Quest’opera, che vede protagoniste le lavoratrici, quasi come le mondine bolognesi, però esprime una generale pace, di contro a quello che spesso è il tono verista, malinconico, del tempo. Allora l’idea, chiave interpretativa, di un lavoro “cronofago” è sbagliata, almeno di fronte a quest’opera, che bisognerebbe godersi, soffermandosi nella calma, trasportati dalle onde assonnate del Garda.
In conclusione Alfredo ci invita, indirettamente, a riflettere su una femminilità, forza viva, che può essere sia simbolo che realtà. Tra intimità quotidiana e immensità naturale, una certa armonia universale abbraccia le due tele. Certe opere ci fanno sentire inermi, altre ci fanno sentire parte di un tutto, in alcune ci immedesimiamo, in altre ci divertiamo a ricercare qualcosa di altro, fuori dalla nostra normalità. Nella profondità di queste considerazioni, possiamo giocare e riflettere guardando le tele di Alfredo, d’altronde l’arte cos’è, se non questo?
Francesco Tittarelli, laureando in Storia presso l’Università di Bologna.