Mario de Maria, detto Marius Pictor, è un artista rinomato per il suo simbolismo e per l’esplorazione di atmosfere notturne e misteriose. Il suo pennello, intriso di tonalità oscure, permette alla luce lunare di emergere e splendere, creando contrasti drammatici che danno vita a scene cariche di suggestioni visive ed emotive. La sua resa della luce notturna trasporta lo spettatore in un viaggio dall’atmosfera onirica e surreale, che attraversa sogno e realtà, e contribuisce ad accentuare l’aura di mistero sempre presente nella sua produzione artistica.
Queste caratteristiche emergono in modo evidente nelle opere che de Maria dedica al tema della guerra, come I crocefissi di Henni (1913), opera della Galleria d’Arte Moderna di Milano attualmente esposta al Museo Ottocento Bologna per la mostra Ombra Cara. Mario de Maria detto Marius Pictor (1852-1924) fino al 9 settembre 2024. Con quest’opera l’artista ha scelto di rappresentare la drammatica uccisione dei bersaglieri italiani che sarebbe avvenuta a Sciara-Sciat, nel contesto della Guerra italo-turca, combattuta tra il 1911 e il 1912 per la conquista delle regioni libiche della Tripolitania e della Cirenaica. Il tema delle atrocità compiute dagli ottomani era funzionale alla propaganda per la conquista della Libia, e proprio per questo circolava ampiamente attraverso i giornali del tempo.
In questi anni de Maria si interessò sempre di più alla contemporaneità, da qui la sua decisione di rappresentare questo episodio drammatico. Si tratta di una scena notturna, dall’atmosfera cupa e misteriosa, che ci segnala che sta avvenendo qualcosa di macabro. I colori dominanti sono scuri e avvolgono la scena, che diventa più luminosa verso il centro. Tra le grandi nuvole vediamo una luce lunare fioca, che si staglia invece fortemente sull’edificio alle spalle delle quattro figure e fa emergere i corpi in un gioco di contrasti. Non sappiamo chi siano questi soldati, non vediamo i loro volti, ma percepiamo la loro sofferenza dai loro corpi tormentati. Dei corpi nudi, torturati, sofferenti, esposti sulla croce nel cuore della notte, di cui riprendono le tonalità oscure. Attorno ad essi una serie di figure incappucciate che sembrano essere le perpetuatrici di questa sofferenza, ed altre che sono sedute o in piedi in atteggiamenti più passivi, ma tutte avvolte in un’aura di mistero, con i volti e i gesti nascosti dalle ombre. Sul lato destro vediamo dei soldati che vengono trascinati con la forza all’interno della scena, mentre dal lato opposto questa viene invasa da cavalieri che innalzano degli stendardi rossi: un dinamismo che contrasta la staticità centrale. Le palme e le costruzioni in pietra evocano un ambiente esotico, quello della Libia, mentre le luci aranciate provenienti dalle finestre ci segnalano che probabilmente qualcosa sta succedendo anche al di là della loro soglia.
De Maria è autore di un’atmosfera inquietante che ci trasmette una sofferenza reale in un clima quasi surreale. L’artista esplora temi come il sacrificio, il dolore, la morte con grande maestria, non solo in I crocefissi di Henni, ma anche in altre opere dedicate alla guerra come il trittico Venezia nel 1848, presentato alla Biennale del 1912, che rappresenta i tre flagelli dell’umanità: La guerra, La peste e La fame. Nel pieno della Prima guerra mondiale realizza invece La morte e la guerra (1915-1918), di proprietà della Fondazione di Venezia, un’opera in cui l’inquietudine è data non dalla luce lunare ma da una forte tonalità di rosso che pervade lo sfondo. In questo scenario sanguigno, la Morte è personificata da uno scheletro che si erge a cavallo con una falce e distribuisce da bere a una folla di soldati che si precipita verso di essa.
Si tratta di opere che incarnano tensioni e tragedie di un’epoca, oltre ad essere sintomo di una sofferenza personale dell’artista, che nel 1904 perse l’amata figlia Silvia. Fu una perdita molto dolorosa, che ne provocò la caduta in depressione. Oltre all’interesse per gli eventi del suo tempo, la scelta dei temi e dei soggetti di quegli anni richiamano in modo evidente anche il suo interesse per la sofferenza umana, che è atemporale, e gli consente ancora oggi di dialogare con il suo pubblico, suscitando profonde emozioni attraverso un uso magistrale della luce e del colore.
Articolo di Lidia Bani.
Sono laureata in Lingue per l’intermediazione turistica e d’impresa presso l’Università degli Studi di Trento e attualmente studio Scienze Storiche presso l’Alma Mater – Università di Bologna. La mia passione per la storia e l’arte si intreccia con le mie competenze linguistiche e comunicative, che sono determinata a migliorare per crescere nel campo della comunicazione culturale. A tal fine, sto attualmente svolgendo un tirocinio presso il Museo Ottocento Bologna.
Bibliografia
Caponi Matteo, Liturgie funebri e sacrificio patriottico: I riti di suffragio per i caduti nella guerra di Libia (1911-1912), articolo pubblicato in Rivista di Storia del Cristianesimo, X, 2013, n. 2, pp. 437-459.
Caponi Matteo, Mourir dans une guerre «sainte»? Les catholiques italiens et la conquête de la Libye (1911–1913), articolo pubblicato in Francia. Forschungen zur westeuropäischen Geschichte, XL, 2013, pp. 445-454.
Di Raddo Elena (a cura di), Mario de Maria (Marius Pictor). Il pittore delle lune, 1852 – 1924, catalogo della mostra a Palazzo D’Accursio, Bologna, 20 Dicembre – 9 Febbraio 2014, Grafiche dell’Artiere, 2014.
Sinigaglia Francesca, (a cura di), Ombra Cara. Mario de Maria detto Marius Pictor (1852 – 1924), catalogo della mostra a Museo Ottocento Bologna, Bologna, 21 marzo – 9 settembre 2024, Museo Ottocento Bologna, 2024.