La Pompei di Luigi Bazzani
La carriera artistica di Luigi Bazzani (Bologna 1836 – Roma 1927) è strettamente legata alla città di Pompei: quarant’anni dedicati alla rappresentazione dell’antica città riscoperta. Le centinaia di opere realizzate variano tra acquerelli e oli e riproducono vedute, interni, soggetti contemporanei o di una Pompei perduta nel passato.
Bazzani è un artista bolognese poliedrico, oltre ad essere pittore a tutto tondo si dedicò anche alla scenografia e alla decorazione della basilica di San Lorenzo fuori le mura. A metà dell’Ottocento infatti si sposta a Roma dove raggiunge un grande successo artistico tale da essere apprezzato anche dal re, Vittorio Emanuele II, che acquisterà una sua opera e che lo sceglierà inoltre come insegnante per il principe. Il soggiorno a Roma è determinante perché qui, nella città eterna il Bazzanetto[1] ha l’occasione di scoprire l’antico e di appassionarsene.
Da Roma a Pompei il passo sarà breve perché è proprio dopo la metà del XIX secolo che si ‘accenderanno i riflettori’ sull’antica città romana che diventerà in breve tempo oggetto di studio e di grande interesse non solo di archeologi ma anche di artisti e del pubblico. Pompei, promossa a città museo, divenne non solo un luogo di ricerca e riscoperta ma anche un ambiente di incontro e studio per artisti da tutto il mondo. In un’Italia in rinnovamento Pompei si trasforma grazie alle nuove tecniche d’indagine, restauro e ricerca portate avanti da Giuseppe Fiorelli, direttore degli scavi e antesignano dei criteri di conservazione moderni.
In campo artistico la riscoperta di Pompei porta inizialmente gli artisti a riprodurre la realtà, a dipingere le cosiddette ‘vedute’ della città vesuviana che hanno per oggetto le rovine (Fig.1). Dopo la metà del secolo a Pompei arriva la fotografia che in seguito ad un primo momento di diffidenza e di rivalità con gli artisti si affiancherà alla pittura nella realizzazione delle vedute.
Parallelamente al vedutismo si sviluppa negli anni settanta del secolo un nuovo genere che ottiene subito un grande successo, il neopompeiano che si avvicina all’archeologia proponendo una divulgazione dell’antichità non storica che viene inserita in scene di “vita quotidiana” (Fig. 2) assolutamente ricche di fascino e che fa vivere a chi osservava le opere una storia antica, intima ma frutto dell’immaginazione dell’artista (Fig. 3).
Bazzani si reca a Pompei dalla fine degli anni 70 dell’Ottocento per raccogliere spunti, dettagli di elementi decorativi, idee, per realizzare i suoi “appunti pittorici”, opere dalle piccole dimensioni, bozzetti, realizzati con l’acquerello sfruttati per poi realizzarci ambientazioni immaginarie situate soprattutto in ambito domestico.
Le opere neopompeiane di Bazzani sono caratterizzate da una straordinaria costruzione dell’ambientazione che deriva dalla conoscenza e dalla osservazione del sito archeologico ma anche dall’esperienza derivante dal lavoro di scenografo.
Negli anni di fine secolo Bazzani si distacca dai temi neopompeiani e si dedica al vedutismo. Le opere di questo periodo sono il risultato di un lavoro di studio basato su planimetrie, sezioni e vedute, sono una documentazione completa degli ambienti delle case, delle strade, della città e dei suoi edifici. Bazzani ha documentato nelle sue opere con una precisione quasi fotografica tutti gli aspetti e la vita della città vesuviana: i colori, le decorazioni, le terracotte decorative, gli altari dei Lari, i vicoli stretti, gli affreschi, le cucine, i banchi di vendita e le botteghe (Fig.4).
Tuttavia l’opera di Bazzani è stata a lungo sottovalutata sia dagli archeologi che dalla critica d’arte, riscoperta solo recentemente anche vista la difficoltà nell’approcciarsi alla produzione dell’artista, che negli anni si è dispersa tra i mercati antiquari, perdendo così spesso fonti dirette sulle opere. (Fig.5)
«A fronte di una così vasta produzione, sorprende che l’esperienza pompeiana di Bazzani sia stata sostanzialmente sottovalutata fino ad anni recenti… hanno posto l’attenzione soprattutto sul carattere documentaristico e sulla precisione “fotografica”, considerati elementi invalidanti del valore artistico di queste opere.[2]»
Chiara Marata
[1] Pseudonimo dato a Luigi Bazzani dagli studiosi contemporanei per distinguerlo dal coevo scenografo Alessandro Bazzani, definito il Bazzanone.
[2] D.Scagliarini, A. Coralini, R. Helg, DAVVERO! La Pompei di fine ‘800 nella pittura di Luigi Bazzani, Grafiche dell’Artiere, Bentivoglio (BO), 2013, p.19.
Bibliografia:
- Scagliarini, A. Coralini, R. Helg, DAVVERO! La Pompei di fine ‘800 nella pittura di Luigi Bazzani, Grafiche dell’Artiere, Bentivoglio (BO), 2013.
- Leardi, I Bazzani a Pompei, disegni e acquerelli nell’archivio di stato di Terni, Arti Grafiche Celori, Terni, 2016.
- Il Carrobbio, Tradizioni problemi immagini dell’Emilia Romagna, XXXII, Pàtron Editore, Bologna, 2006: R. Helg, Luigi Bazzani, Pittore e Scenografo: un bolognese a Pompei.
- Bragantini, Atti del X Congresso Internazionale, Association Internationale pour la peinture murale antique (AIPMA), Volume II, Annali di Archeologia e Storia Antica, Università degli studi di Napoli «L’Orientale», Napoli, 2010: R. Helg, Tra Vedutismo e documentazione: gli acquerelli pompeiani di Luigi Bazzani (TAV. LXXX).