L’interesse per la rappresentazione del costume, del dettaglio prezioso e della decorazione, è ricorrente all’interno degli acquerelli e dei dipinti dell’artista Giovanni Paolo Bedini, nato a Bologna nel 1844. Ragionando sulla relazione tra moda e pittura, è sicuramente centrale anche il coevo artista ferrarese Giovanni Boldini. Nel corso della storia del ritratto, l’abbigliamento, che ha sempre svolto un ruolo centrale nella definizione identitaria del ceto sociale dell’effigiato, diviene ancora più determinante con il fiorire dell’industria e della mercificazione della moda (1).
Ad accomunare i due artisti non è solo la cura nella rappresentazione pittorica del vestiario, ma anche l’ingresso dei loro stessi dipinti all’interno dell’innovativa attività commerciale del mercante d’arte Adolphe Goupil. Goupil ebbe, infatti, la brillante intuizione di
cogliere il crescente interesse nutrito dal pubblico per le riproduzioni di opere d’arte sia attraverso la litografia che, successivamente, la fotografia, ampliando poi il suo mercato anche ad opere originali (2), fra cui quelle dei due artisti sopra citati.
La clientela borghese della Maison Goupil soddisfa la sua ambizione intellettuale anche attraverso l’appropriazione degli usi e dei costumi della classe aristocratica appena spodestata, apprezzando quindi la rappresentazione di scene di genere da assumere come modello o stereotipo di riferimento (3).
Giovanni Paolo Bedini e Giovanni Boldini sono due maestri del genere, con la conseguenza di aver avuto la possibilità di accedere al florido e privilegiato mercato parigino della Maison Goupil. Tuttavia l’artista bolognese si distingue dal collega ferrarese per la composizione delle sue opere, ritraendo in esse atmosfere giocose, dalle quali emerge anche una sottile connotazione psicologica degli effigiati. Giovanni Paolo Bedini, spesso nella sua arte ricrea scenari settecenteschi, raffigurando con cura dettagli degli interni, degli abiti e delle acconciature. Un suo dipinto emblematico è La veste nuova, esposto al Museo Ottocento Bologna, dove Bedini ritrae una dama in abito settecentesco intenta a rimirare la sua veste davanti ad una toletta dell’epoca. In tale opera, la pittura esalta la lucentezza del tessuto, rimandando ad un’ormai superata preziosità di materiali come il raso o la seta. Dopo la caduta dell’Ancien Régime, infatti, il fasto dei tessuti subì un ridimensionamento, con la scelta di materie prime meno appariscenti, come ad esempio il cotone (4). Ne La veste nuova, anche la parrucca incipriata della dama ritratta, gli accessori come il ventaglio di piume, il guanto sulla toletta e la carta da parati settecentesca, contribuiscono a ricreare l’atmosfera vezzosa di un tempo passato e ormai superato.
Osservando parallelamente una rappresentazione settecentesca creata nel suo tempo, nel dipinto L’Enseigne de Gersaint del 1720 dell’artista Antoine Watteau, oltre ad una somiglianza cromatica del tessuto e della capigliatura del soggetto, è riconoscibile la stessa brillantezza dell’abito in seta citato nell’opera di Bedini. In questo caso la protagonista è una dama probabilmente intenta ad
acquistare oggetti d’arte, simbolo di elitismo nel Settecento.
Restando sul tema del legame fra moda e pittura, è inoltre curioso ricordare che il nome “piega alla Watteau”, è stato scelto dagli studiosi in onore del pittore, proprio per definire quelle pieghe posteriori di tendenza nella moda francese settecentesca. Infatti l’artista Antoine Watteau, soleva dipingere abiti con questo dettaglio nei suoi quadri, fra cui l’ultimo menzionato.
Tornando a Giovanni Paolo Bedini, nell’opera I vecchi cercano, i giovani trovano, di cui il Museo Ottocento
espone il bozzetto preparatorio, l’artista si rivolge nuovamente al secolo precedente, restituendolo in modo quasi nostalgico come un periodo ricco di scoperte e di aperture verso nuovi orizzonti. Sempre attraverso la tipica atmosfera di spensieratezza bediniana, l’artista riflette giocosamente sul contrasto fra rigore scientifico e svago letterario (5): in primo piano vediamo infatti due figure anziane concentrate su un mappamondo, mentre sul fondo, due giovani ridono intrattenuti da una lettura, o forse più dalle loro chiacchiere.
Infine, il leggero spirito bediniamo, si estende anche alla rappresentazione del clero, sottratto a un immaginario austero e restituito con soggetti ridenti e intenti in attività dilettevoli. E’ il caso di Voci bianche, bianchi zendadi, amiche bianche, di cui è conservata
una fotografia presso il Museo Civico del Risorgimento di Bologna; o Gli scacchi, appartenente ad una collezione privata.
Attraverso la pittura di Giovanni Paolo Bedini, abbiamo quindi il privilegio di osservare il Settecento non solo con gli occhi di un uomo vissuto nel secolo seguente, ma anche attraverso la percezione di un artista vissuto all’insegna degli ottocenteschi ideali di tolleranza e moderazione. Il Settecento può quindi essere stato per Bedini un tramite per rendere accettabile la rappresentazione di un immaginario di libertà, spensieratezza e sfarzo.
Starobinski scrive infatti che nel Settecento “(…) lo statuto dell’arte e dell’artista subiscono una trasformazione (…). Attraverso le rivendicazioni degli artisti e i tentativi dell’estetica (altra invenzione del secolo) nasce e s’impone una concezione del creare che fa dell’opera d’arte l’atto per eccellenza della coscienza libera”.
- Boldini e la moda, Catalogo della mostra, Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 16 febbraio – 2 giugno 1 2019, a cura di Barbara Guidi, Fondazione Ferrara Arte, p.213.
- La Maison Goupil. Il successo italiano a Parigi negli anni dell’Impressionismo, Catalogo della 2° mostra (Rovigo, 22 febbraio-23 giugno 2013), a cura di P. Serafini, Silvana Editoriale, p. 58.
- Ivi p.59
- Fashion History from the 18th to the 20th Century, Kyoto Costume Institute, Taschen; 3° edizione (1 luglio 2019).
- Giovanni Paolo Bedini: il fascino nella spensieratezza 1844-1924, Catalogo della mostra, Bologna, Palazzo d’Accursio, 2 dicembre 2018-3 febbraio 2019, Associazione Bologna per le Arti, Mancini Giuseppe (curatore).