Gino Marzocchi, l’anti-Morandi


“Marzocchi non ha età. È un fenomeno a sé che non si lascia catalogare così come fa l’erborista con le varie pianticelle aromatiche e medicinali” (Dario Zanasi nell’introduzione al catalogo della mostra monografica di Gino Marzocchi al Museo Civico di Bologna del 1967).

Gino Marzocchi (Fig. 1), nato a Molinella nel 1895, frequenterà l’Accademia delle Belle Arti di Bologna, città dove risiederà fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1981. Ha la fortuna di vivere in una Bologna in pieno fermento artistico, che in quegli stessi anni avrebbe formato diversi pittori, artisti, ma anche letterati, e dove sarebbe esploso il mito di Giorgio Morandi.

Fig. 1. Gino Marzocchi, “Autoritratto”, 1948, olio su tavola, 53 x 73 cm.

Vive in un periodo di acceso sperimentalismo nell’arte che vedono molti pittori e artisti italiani, tra cui i suoi colleghi della scena bolognese, prendere parte al Secessionismo di Roma, un movimento artistico che, tramite una serie di mostre esposte a Roma tra il 1913 e il 1916, cercò di allontanarsi dai dettami dell’Accademia, promulgando un’avanguardia moderata che mettesse al primo posto il volere dell’artista ed entrasse in dialogo con i movimenti e gli stili al di fuori della nazione.

Agli occhi dei critici dell’epoca, un ritrattista puro come Marzocchi doveva sembrare esteticamente dissonante, tanto più che dipingeva proprio quei soggetti, i ritratti umani e la paesaggistica, abbandonati da Giorgio Morandi sin dall’età giovanile, a favore dei più fermi e solidi oggetti, come le bottiglie che lo resero celebri, più vicini al gusto moderno del Novecento.

Viene, insomma, percepito come un pittore d’altri tempi, come scrive Leonardo Borgese in una nota introduttiva alla breve monografia su Gino Marzocchi nella serie “Pittori Contemporanei” voluta da Poligrafici il Resto del Carlino: “È un artista che ha serbato viva tutta l’educazione e la civiltà dell’Ottocento. Ribatterete che non è moderno. Ma cosa importa? E che significa esser moderno? Contano i sentimenti, che sono sempre davvero nuovi; mentre moderne sono solo le forme esteriori, che sono però immediatamente vecchie e superate, come le automobili, ogni anno”.

Marzocchi sembra quasi ossessionato dall’idea di cogliere l’unicità, la caratteristica di ogni persona, un guizzo negli occhi, un gesto che parli della propria personalità. Scrive anche alcuni romanzi, tra cui “Una storia vera”, edito nel 1973 da Tamari, dove ogni frase è il ritratto isolato di un carattere, come una lista di descrizioni di bozzetti.

“Il gusto particolare del Marzocchi va con sicura preferenza al ritratto, alla figura a soggetto o alla figura ambientata” (R.B., ne “Il Resto del Carlino”, 29 giugno 1936). Questa distanza di poetica tra Marzocchi e Morandi, da intuizione teorica si fa testimonianza concreta nei due dipinti di Marzocchi posseduti dalla Museo Ottocento Bologna e in esposizione nella collezione permanente del Museo Ottocento Bologna: “Il processo a Morandi” e “Critica a Morandi”.

“Il processo a Morandi” (Fig. 2), che risale al 1950, raffigura al centro un quadro di Giorgio Morandi, tenuto in mano da Giorgione, affiancato alla sua destra da uno scontroso Raffaello a braccia conserte e alla sua sinistra da un accusatorio Tiziano che punta il dito contro gli imputati: Giulio Carlo Argan, Lionello Venturi e Roberto Longhi, ovvero tre celebri storici dell’arte, vicini a Morandi. Dal lato dell’accusa vediamo altri personaggi non di minor spessore: a capotavola, imponente, Leonardo vestito di azzurro, sull’estrema destra, cupo e solitario Caravaggio, seguito da Raffaello e da un perplesso Michelangelo. A fargli da sfondo delle pareti affrescate che rimarcano le virtù dei grandi pittori italiani. In atteggiamento più mesto i tre critici, spaesati, spazientiti o pronti a difendersi.

Fig. 2. Gino Marzocchi, “Processo a Morandi”,
1950, olio su cartone, 50 x 70 cm.

Senza datazione, invece, è la “Critica a Morandi” (Fig. 3), dove altri tre critici, tra cui Francesco Arcangeli, riempiono la scena, questa volta raffigurati in maniera quasi caricaturale, in uno stile che si avvicina alla vignetta comica o al fumetto satirico.

Colti di profilo, concentrati nel gesto di avvicinare la testa al dipinto per scrutarlo fino a fondo, tutti e tre estremamente assorti, il primo addirittura con un quadro di Morandi sotto il braccio, per rimarcare la vicinanza col pittore, stanno osservando un’opera appoggiata su un cavalletto, senza rendersi conto che la figura è stata posizionata sottosopra!

Fig. 3. Gino Marzocchi, “Critica a Morandi”,
s.d., olio su cartone, 49 x 30 cm.

Si può riconoscere infatti, una sagoma umana a testa in giù: che a furia di valutare soggetti inanimati si siano dimenticati della forma umana?

L’ironia di Gino Marzocchi in quest’ultimo dipinto ne sottolinea ancora una volta la natura di grande osservatore capace di cogliere con poco l’essenza umana. Questa scenetta sagace, ad oggi, viene recepita come pura avanguardia, tanto che la storia, per coincidenza o per acutezza del pittore, ne ha fatto un quadro profetico: basti pensare al caso del “New York City 1” di Piet Mondrian, per 72 anni esposto sottosopra dal 1980 al museo Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen K20 di Düsseldorf, ma già in posizione errata dalla presentazione al MoMA di New York nel 1945.

Per riprendere le parole di Leonardo Borgese, una “vena satirica bonaria” quella di Marzocchi che, però, “pigliando in giro non condanna mai”.

Di Bianca La Manna

Bibliografia

Carlo Giorgio Ciappei e Gino Marzocchi, Mostra monografica di Gino Marzocchi : Bologna, Museo civico, 22 aprile – 15 maggio, a cura di Dario Zanasi e Carlo Giorgio Ciappei, Poligrafici Il Resto del Carlino, Bologna, 1967.

Francesca Sinigaglia, Museo Ottocento Bologna. Guida al Museo, Pendragon, Bologna, 2023.

Gino Marzocchi, Dipinti di Gino Marzocchi, Tamari, Bologna, 1970.

Gino Marzocchi, Una storia vera, Tamari, Bologna, 1973.

Sitografia

https://www.kooness.com/it/post/magazine/larte-sottosopra-lo-strano-caso-del-quadro-di-mondrian-capovolto

https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/cronologia-di-bologna/1934/roberto_longhi_insegna_a_bologna