Flavio Bertelli: tra paesaggi ed emozioni

L’arte è una forma di evasione, ed evadere è un’arte. Molti artisti nella storia hanno sfruttato questo potere che ha l’arte di liberare la mente dai pensieri tramite la bellezza, fornendo una via di fuga da una quotidianità tormentata. L’arte permette di creare mondi, plasmare la realtà e far provare intense emozioni. 

 

Questo è il caso di Flavio Bertelli che tramite i suoi paesaggi trasmette una gamma vastissima di emozioni. I suoi dipinti sono il prodotto della vita travagliata che ha vissuto tra la zona di San Lazzaro di Savena e il centro della città di Bologna.

Nasce nell’agosto del 1865 in una famiglia numerosa che come capofamiglia aveva il paesaggista Luigi Bertelli. Il primo esordio ufficiale di Flavio con l’arte avvenne nel 1888 all’Esposizione per l’ottavo anniversario dell’Università di Bologna. La famiglia Bertelli in quegli stessi anni cadde in rovina, sprofondando così in povertà. Da quel momento il ventiseienne Flavio affrontò anni bui e difficili, ritrovandosi ad alloggiare e dipingere nelle soffitte di Palazzo Bentivoglio, prendendo ispirazione dall’ambiente che lo circondava. Prese parte inoltre al vivace cenacolo de I Giambardi della Sega, un gruppo di artisti e letterati frequentatori del medesimo palazzo. Inizialmente vicino allo stile macchiaiolo, si spostò poi nell’ultimo decennio dell’Ottocento al movimento divisionista italiano dopo l’avvicinamento con il suo creatore Vittore Grubicy de Dragon. Nell’anno 1915 dà vita al suo successo Oltre il Pincio che divenne molto importante, evidenziando alla perfezione la sua anima anticonformista. Con questo capolavoro viene rappresentata al meglio la sua adesione al Divisionismo italiano, applicando però la sua visione personale della Natura con la tecnica del puntinismo. Questi furono anni di intensa produzione artistica, che furono poi seguiti da un periodo di forte depressione negli anni trenta del Novecento. Venne addirittura ricoverato a Villa Baruzziana, un centro psichiatrico privato a Bologna in zona San Mamolo. Purtroppo per mancanza di soldi non riuscì a concludere il suo percorso di terapia, non essendo in grado di pagare le cure. 

Flavio Bertelli, Oltre il Pincio, 1915

Si trasferisce quindi in Riviera romagnola, a Bellaria, assieme alla sorella Amalia, sfogando la sua vena artistica dipingendo panorami. Molti portarono all’ormai anziano Flavio materiali per la pittura, aiutandolo il più possibile a esprimere se stesso. Colui che lo sostenne più di tutti fu l’amico, nonché pittore, Antonio Sartini di Crespellano che non solo lo ospitò nella sua dimora, ma si improvvisò addirittura mercante per poter aiutare l’amico nella vendita dei suoi quadri. Fu anche colui che lo convinse a tornare a dipingere, dopo quel lungo periodo di pausa a causa del suo stato mentale. Flavio condusse così la sua vita fino al giorno della sua morte, il 29 dicembre del 1941. Morì per un tumore allo stomaco, all’Ospedale di Rimini all’età di settantasei anni. Oggi riposa nel Cimitero della Certosa a Bologna, ma viene riportato che il Circolo Artistico di Bologna quando arrivò a Rimini per trasportare le spoglie di Flavio, avevano già messo i resti dell’artista insieme alle ossa di altra povera gente deceduta nel comune di Rimini.

Flavio Bertelli, Fiori d’autunno, 1935

Flavio Bertelli era principalmente un paesaggista ma si cimentava anche in ritratti e, in rari momenti, con le nature morte. Quest’ultime avevano come soggetto principalmente fiori, come nel dipinto Fiori d’autunno del 1935. Flavio aveva un rapporto particolare con i fiori, secondo lui erano troppo perfetti per essere rappresentati in un quadro.

Altra tipologia di quadri rari che possiamo trovare nelle opere di Bertelli sono i suoi ritratti. Quello fatto a se stesso del 1923, che oggi si trova nelle Collezioni di Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, mostra quanto schivo e mite era come uomo.

In questo dipinto si ritrae quasi sessantenne, con lo sguardo solcato da malinconia e i segni di una vita difficile. Notiamo che nel dipinto indossa sciarpa e cappotto come per nascondersi, un modo per esprimere la sua timidezza. 

Flavio Bertelli, Autoritratto, 1923

Tuttavia Bertelli preferiva soffermarsi sul suo grande amore: la natura e la luce che la adorna. Dopo la sua grande parentesi divisionista, nell’ultima fase della sua vita ritorna sulle orme di casa con uno stile simile a quello del padre. Possiamo vedere questa somiglianza in uno dei più bei quadri dei suoi ultimi anni di vita: Nel silenzio della sera del 1935. Qua troviamo una eccezionale definizione artistica nel dettaglio dello specchio d’acqua, e una pennellata vibrante dove mostra una sinfonia di colori naturali del tutto in linea con la sua poetica. Ci ricorda molto una tela del padre del 1906 chiamata Alba in pineta presente qui al Museo Ottocento, dove ritroviamo questa gamma di accesi colori naturali e una connessione con la Natura al di fuori di eguali.

Flavio Bertelli, Nel silenzio della sera, 1935

 

Flavio ci regala un altro capolavoro paesaggistico, forse il più rappresentativo della sua poetica artistica: “Riflesso”, dove troviamo in lontananza un giovane pescatore, ma la protagonista è sempre Madre Natura. Questa tela dimostra appieno la sua solitudine grazie alle pennellate in tecnica mista e alla scelta cromatica della flora. L’unico soggetto umano è posto al centro della composizione, ma con dimensioni ridotte, quasi sovrastato e inglobato dal suo riflesso nello specchio d’acqua. L’essere umano così piccolo in rapporto alla vastità della Natura intorno a lui. Questo capolavoro è possibile ammirarlo proprio qui, al Museo Ottocento di Bologna.

Flavio Bertelli, un uomo che visse di difficoltà e tormenti. La vita fu infelice per lui, ma

Luigi Bertelli, Alba in Pineta, 1906

trovò sostegno in quella cosa che lo fece sempre sentire a casa e che lo ispirò sempre ad andare avanti: la sua amata Madre Natura.

 

«Prediligo il paese, perché la mia mente spazia nell’infinito; rimango sbalordito davanti al mare, e guardo sbalordito le stelle: che ci sarà al di là?»                                           F.B.

 

 

 

Marta Giacomozzi


 

Bibliografia

  • Associazione Bologna per le Arti, Flavio Bertelli Armoniose visioni di natura (2015); p. 9-25
  • Fondantico, Le Connoisseur Bulgnais Collezionismo Felsineo Tra Otto e Novecento
  • Museo Ottocento Bologna, Guida al Museo (2023); p. 35-39

 

Sitografia

 

Inoltre si ringrazia il Dott. Stefano Canini per il contributo alla ricerca.