Fabio Fabbi: la pluralità dell'arte in un solo artista

Fabio Fabbi (Bologna, 1861 – Casalecchio di Reno, 1945) nasce in una famiglia bolognese molto nota e stimata. Il padre, Giuseppe Fabbi, esercita la professione di medico chirurgo, mentre la madre, Emilia Negri, è una benestante possidente terriera. Inoltre, ha un fratello maggiore, Alberto, nato due anni prima di lui.
Fabbi al giorno d’oggi è noto principalmente per i suoi dipinti orientalisti, tanto da essersi guadagnato la nomea de “L’ultimo degli Orientalisti”. Ma, come vedremo in questo articolo, il suo talento artistico va ben oltre: egli si dimostra sin da giovanissimo un’artista straordinario e poliedrico, a cominciare dalla scultura, arte che apprende tramite i suoi studi accademici, fino ad arrivare a tante altre forme artistiche come il disegno, la fotografia, l’acquerello, per approdare infine alla pittura ad olio, tecnica con la quale raggiunge il culmine del suo talento.
Fabio dunque inizia la sua carriera come scultore, frequentando l’Accademia delle Belle Arti di Bologna; completati gli studi, nel 1878 si trasferisce presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze per approfondire gli studi sotto il maestro Augusto Rivalta e, grazie ai suoi insegnamenti, riesce nel 1880 ad ottenere il suo primo riconoscimento, ovvero la Medaglia d’Argento per la Scultura dal Vero. Sempre nell’ambito dell’Accademia fiorentina si inserisce nel concorso di scultura del 1883 delle Mille Lire, vinto da Fabbi con il bassorilievo Una questione d’onore, una composizione ben studiata, con figure convincenti e un’intensa resa emotiva, che hanno valso all’artista il meritato premio. Ma, nel frattempo, “al Fabbi un’altra Dea sorrideva: la pittura, per la quale aveva nutrito in secreto grandissima simpatia, ed alla quale si era dedicato studiando indefessamente da solo, lavorando moltissimo senza produrre mai nulla al pubblico”.1 Tale passione finì per prevalere sulla scultura, soprattutto a seguito del suo viaggio in Egitto nel 1886: è proprio in questa occasione che Fabbi trovò il coraggio di esporre al pubblico le sue prime opere pittoriche, dando così inizio a un percorso artistico che lo avrebbe consacrato, negli anni successivi, come uno dei più autorevoli pittori orientalisti italiani.
I primi lavori di Fabbi sono stati ritrovati all’interno del suo taccuino, insieme al resoconto delle gite, esperienze e attività giornaliere da lui svolte nell’arco di cinque mesi, a partire da giugno 1886 fino ad ottobre di quello stesso anno. In esso sono presenti disegni, bozzetti, stampe su carta, fotografie, e addirittura delle carte geografiche realizzate da lui su carta velina, che tracciano l’esatto itinerario del suo viaggio.
Ma il suo lavoro maggiormente degno di nota, è L’Egitto, album di ricordi e disegni originali pubblicato dalla Fotografia Alinari di Firenze. L’album ritrae vari soggetti, colti in momenti della loro vita quotidiana, immortalati da Fabbi attraverso disegni e bozzetti successivamente stampati su carta. Tra i soggetti da lui privilegiati troviamo varie figure femminili, sia occidentali, ma soprattutto orientali; ne è un esempio significativo Vasaia (fig. 1), stampa in cui è rappresentata una donna che trasporta sul capo un’anfora colma d’acqua appena raccolta presso le sponde del Nilo.
Interessante è anche il disegno che Fabbi intitolò Contrasto: qui sono rappresentate due donne arabe, avvolte in abiti e veli tradizionali orientali, che interrompono la loro conversazione al passaggio di una donna vestita secondo la moda occidentale dell’epoca. Questo disegno è in primo luogo una testimonianza storica del clima culturale presente in Egitto alla fine del XIX secolo, periodo in cui il Paese fu fortemente interessato dall’emigrazione italiana, tanto che ad Alessandria iniziano a sorgere scuole, asili e centri culturali per la comunità italiana. Ma questa stampa è al tempo stesso anche una prima manifestazione delle differenze tra le due culture, che spesso nei quadri orientalisti di Fabbi verranno rappresentate insieme, come nel caso de La stanza del piacere realizzato nel 1907.
Dunque si può dire che il lavoro di Fabbi sia un lavoro di documentazione visiva di un mondo completamente diverso, sconosciuto agli occhi degli occidentali, che trova espressione finalmente anche sottoforma di pittura: risalgono a questo periodo, infatti, i primi dipinti realizzati in olio su tela, come Un terrazzo ad Alessandria (fig. 3) che costituisce uno dei primi capolavori pittorici di Fabbi. Egli raffigura anche qui l’incontro tra Occidente e Oriente: è dipinta una donna dai tratti occidentali in un lungo abito bianco, in posa, appoggiata alla ringhiera di un balcone che affaccia su un paesaggio cittadino tipico egiziano.
Tornato in Italia, nell’ottobre 1886, Fabbi decide di abbandonare la scultura, che l’aveva accompagnato per tutta la sua adolescenza, per dedicarsi principalmente alla pittura. Pochi mesi dopo, infatti, nel giugno del 1887, avrebbe realizzato le Pescatrici sull’Arno alla Casaccia di Bellariva, e nel 1892, cinque anni dopo, dipinge Bagno Balena (Viareggio), entrambi esposti al Museo Ottocento Bologna.
Tornato dall’Egitto, Fabbi è un artista completamente rinnovato, si lascia ispirare e si cimenta anche in numerose altre forme d’arte; per esempio, nel 1906 espone alla Mostra Internazionale del Sempione a Milano modelli di medaglie (fig. 4); si dedica poi all’arte sacra, per esempio realizza col fratello Alberto una pala d’altare per la chiesa arcipretale di S. Giovanni a Persiceto, è autore della Salomè con la testa del Battista del 1897 per la Collegiata di San Giovanni in Persiceto, realizza il Sacro Cuore del 1902 della chiesa di Sant’Antonio Abate di Bologna e nel 1899 vince un premio a Torino per un Concorso per la testa di Cristo.
Nel corso della sua carriera artistica, Fabbi non si pone mai dei limiti, ma sperimenta costantemente nuove soluzioni espressive. Accanto alla produzione orientalista, si dedica anche alla pittura paesaggistica, raffigurando scorci suggestivi delle città che ha visitato, come Boulevard Montmartre a Parigi. Oltre ai paesaggi parigini, dedica numerose opere alla sua amata Bologna. Tra queste si distinguono Le due torri e Le quattro torri (fig. 5), “un pendant di grande valore storico che conserva la memoria visiva delle torri abbattute un tempo situate presso Porta Ravegnana. Altri soggetti ricorrenti nei suoi dipinti bolognesi includono Via Orefici, Il Nettuno, Piazza Maggiore e molti altri angoli iconici della città.”2
Infine, si dedica anche all’illustrazione dei volumi di narrativa, come i libri di Louisa May Alcott, Piccoli uomini tra il 1910 ed il 1911 e Piccole donne nel 1916. Collabora, inoltre, con le più importanti case editrici italiane come Paravia, Zanichelli, Nerbini, Salani, Gloriosa e Bemporad, dando un grande contributo anche all’interno delle Riviste come Fiammetta dal 1897 e Italia Ride nel 1900.
Fabio Fabbi è dunque autore di una produzione artistica molto vasta, rendendo l’etichetta de “l’ultimo degli Orientalisti”, citata in precedenza, estremamente riduttiva; egli spazia dall’orientalismo alla pittura paesaggistica, dalla ritrattistica alla documentazione della vita quotidiana nelle città che ha amato e vissuto. Ridurlo alla quella sola definizione significa trascurare la ricchezza e la complessità del suo percorso creativo, tra tecnica e continua sperimentazione. Le sue opere andrebbero quindi lette in una prospettiva più ampia, come espressione di un artista unico in grado di coniugare sensibilità estetica, valore documentario e tanto altro.

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Figura 1; Fabio Fabbi, Vasaia, 1886-1889, stampa su carta, cm 23×16 (Album Egitto. Ricordi, Archivio Fabio Fabbi, Museo Ottocento Bologna)

Figura 2; Fabio Fabbi, Contrasto, 1886-1889, stampa su carta, cm 23×16 (Album Egitto. Ricordi, Archivio Fabio Fabbi, Museo Ottocento Bologna).

Figura 3; Fabio Fabbi, Un terrazzo ad Alessandria, 1886-1888, olio su tela, cm 44×34, esposto alla Mostra del Circolo degli Artisti di Firenze del 1888 (collezione privata).

Figura 4; Fabio Fabbi – medaglia Jacopo de Priori Busto con cappello a s. – R/ Pellicano nel nido posto su un ramo dà da mangiare ai piccoli; sotto, un serpente e stemma Opus Fabio Fabbi, 1906 ca. bronzo, diam. 85 mm. Collezione privata

Figura 5; Fabio Fabbi (1861 – 1945), Le quattro torri di Bologna, 1917-19. Collezione privata. Courtesy Archivio Fabio Fabbi

Aurelia Giancipoli

BIBLIOGRAFIA

L’archiginnasio, Bollettino della Biblioteca Comunale di Bologna; CXVII – 2022
Storia e memoria di Bologna; https://www.storiaememoriadibologna.it/
Archivio Fabio Fabbi; https://archiviofabiofabbi.it/
Wikipedia, Fabio Fabbi