CARTA E PENNA, OLIO E TELA. AUGUSTO MAJANI

Dai più è conosciuto come Nasica, brillante caricaturista del Resto del Carlino, i cui disegni resistono ancora oggi e fanno ormai parte di tutto quell’insieme di ricordi, esperienze e conoscenze che formano la nostra eredità storica

Ma quello che in realtà molto spesso si ignora, è che dietro a quell’ironico pseudonimo, c’era un artista che praticava un’«arte bifronte»[1]. Sì, perché, quando decideva di operare come pittore, rispondeva al nome di Majani.

Augusto Majani, dai più sconosciuto, lavorava a fianco dei più grandi artisti dell’epoca, viaggiava e traduceva i suoi stimoli sulla tela, fino ad arrivare a forgiare un’arte di grande pensiero.

 

Autocaricatura di Nasica, 1929

Nella Bologna della bella epoca, centro culturale vibrante, dove artisti e scrittori si incontravano e davano vita a opere nuove, dove le influenze artistiche erano svariate, un pittore come questo non poteva che trovare ispirazione. Al giornale disegnava per vivere e per sopperire alle necessità familiari, e mentre continuava a lavorare di penna, di matita e di umorismo, acuiva e perfezionava dall’altra parte la sua tecnica pittorica, alla quale lui riservava il genere più profondo e riflessivo. Artista poliedrico, accoglie le diverse correnti della sua epoca, donandoci un’arte dal sapore internazionale.

Caricatura per il concorso di pupazzetti petroniani per il giornale Ehi! ch’al scusa indetto da Alfredo Testoni nel 1885. Nell’immagine Quirico Filopanti intento a sparare il colpo di cannone per indicare il mezzo giorno, come usava a Bologna fino al 1940.

Dopo il periodo di formazione, partecipò ad innumerevoli esposizioni, Venezia, Torino, Roma, Firenze e perfino Bruxelles, in anni in cui si sentiva attratto da temi sociali e dalla dimensione spirituale.

Augusto Majani, L’ombra della Croce, 1897-1947, tela incollata su tavola, cm 95 x 172,5, Pinacoteca Civica Inzaghi, Budrio

Rappresentativo in questo contesto è il quadro L’ombra della croce (1897-1906), completato alla fine della Seconda Guerra Mondiale dopo mezzo secolo di riconsiderazioni e aggiustamenti. Quello che colpisce è la sua rappresentazione di una folla indistinta e macabra che avanza verso ciò che è ignoto, avvolta nell’ombra di una massiccia croce. Alcuni personaggi sembrano cercare salvezza alzando le mani verso l’alto, altri si appoggiano gli uni agli altri in cerca di sostegno, ma tutti finiscono per perdersi nella massa confusa. Il dipinto evoca inevitabilmente il periodo più buio del Novecento, con un senso di angoscia e drammaticità palpabile. Italo Cinti racconta che l’idea dell’opera nacque quando Majani, alla fine dell’Ottocento, osservò una processione oscurata dall’ombra del Palazzo dei Notai, un’immagine potente che ispirò il suo capolavoro più discusso e desiderato[2].

Dello stesso anno è Un canto del poema garibaldino – Mentana, episodio culmine della battaglia di Mentana del 1867. L’assalto, che vide la sconfitta dei garibaldini e gravissime perdite, venne raffigurato con atmosfera solenne celebrando non solo la lotta ma anche il sacrificio patriottico.

Augusto Majani, Un canto del poema garibaldino – Mentana, 1897, olio su tela, cm 177,8 x 347,2, Museo Storico Giuseppe Garibaldi, Como.

Majani rappresentava molto spesso paesaggi, dove il protagonista era proprio il paesaggio, scaturito da una certa riflessione. Gli esseri umani appaiono come dettagli, quasi come comparse in una scena più grande di loro. La loro presenza serve a dare un tocco di contemporaneità e connessione sociale alla scena, ma il cuore dell’opera rimane il paesaggio. È come se la natura avesse una storia da raccontare e le persone fossero lì solo per sottolineare quanto sia vasta e affascinante questa visione.

Ne Il ritorno con il fieno si vedono due buoi che trasportano il carico in mezzo ad un campo, diretti verso quello che sembra un piccolo paese in lontananza. Il cielo, colorato dai toni dell’alba o del tramonto, fa da sfondo alla scena. Sulla balla di fieno si vede un bambino. Questo dipinto ad olio è un esempio dell’interesse dell’artista per il lavoro agricolo, la vita dei contadini e l’essenza della vita rurale, una vita semplice ma significativa.

 

Augusto Majani, Il ritorno con il fieno, 1903, olio su tela, cm 62×143, Museo Ottocento Bologna.

Una cifra stilistica di Majani è la resa del contrasto tra luce e ombra, nonché tra spazi esterni e interni, cosa che affronta in modo innovativo ed efficace. Attraverso l’uso creativo della luce e del buio, l’artista riesce infatti a creare una dinamicità che rende le opere originali e coinvolgenti, integrando perfettamente elementi esterni e interni per ottenere un effetto armonioso e sorprendente [3]. Questo lo si può notare ne La soglia di casa. Gli stessi elementi che caratterizzano questa tela si possono ritrovare in Casa mia (1921), tra le due opere c’è in effetti una stretta relazione: uno è lo studio dell’altra.

Verso il crepuscolo della sua vita, l’artista entrò in una nuova fase della sua carriera in cui, dopo aver esplorato temi sacri e sociali, si lasciò affascinare dalla semplicità e dall’autenticità della vita quotidiana. Cominciò a interessarsi alle esperienze personali e alle storie di ogni giorno, trovando bellezza nei gesti e nelle interazioni comuni delle persone.

Augusto Majani, La soglia di casa, s.d., olio su cartone, cm 51 x 47, Museo Ottocento Bologna.
Augusto Majani, Casa mia, 1921, olio su tela, cm 96,5 x 91, Pinacoteca Nazionale, Bologna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tanto è vero che decide di disegnare, e lo fa su carta incollata poi su supporto rigido. Al Museo Ottocento è conservato il quadro Bologna medievale – Dante, che in origine faceva parte di un dittico, in cui l’artista ricostruisce una visione immaginaria del Medioevo a Bologna, focalizzandosi sulle aree intorno all’attuale via Rizzoli, che subirono importanti cambiamenti urbanistici tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 [4]. Sarebbe bello pensare a questa come una delle opere in cui la penna dell’illustratore e il pennello del pittore, l’animo di Nasica e l’animo di Augusto Majani, si concedono di coabitare dentro ad un’unica cornice
.

 

Augusto Majani, Bologna Medievale – Dante, 1920-1926, matita su carta incollata su cartone, cm 61 x 46, Museo Ottocento Bologna.

 

 

di Erika Menetti
Laureata presso la facoltà di Beni Culturali, attualmente iscritta
al corso di laurea magistrale in Storia, Tutela e Valorizzazione.
Nutre una grande passione per la storia locale ed è
particolarmente affascinata dalla storia dell’arte ottocentesca.
Ha avuto l’opportunità di acquisire esperienza lavorativa in ambito
museale e ambisce a intraprendere una carriera nella ricerca.

 

 


NOTE

[1] Boriani, I. Cinti, Augusto Majani pittore, Tamari, Bologna, 1960, p. 13.

[2] Sinigaglia, La potenza dell’idea, in F. Sinigaglia (a cura di), Augusto Majani. La potenza dell’idea (1867-1959), Associazione Bologna per le Arti, Bologna 2021, pp. 31-33.

[3] A. Storelli, Augusto Majani Pittore, in A. Molinari Pradelli, G. Roversi, A. Storelli (a cura di), Augusto Majani Nasica 1867-1959: pittore, illustratore e uomo di spirito, Panini, Modena, 2002, p. 19.

[4] R. Loffredo, Note sugli spazi urbani nella pittura, in F. Sinigaglia (a cura di), Augusto Majani. La potenza dell’idea (1867-1959), Associazione Bologna per le Arti, Bologna 2021, p. 51.


BIBLIOGRAFIA

Boriani, I. Cinti, Augusto Majani pittore, Tamari, Bologna, 1960.
Morelli, I. Cinti, Augusto Majani nella vita e nell’arte, Circolo Artistico Fameja Bulgnèisa, Bologna, 1947.
Molinari Pradelli, G. Roversi, A. Storelli (a cura di), Augusto Majani Nasica 1867-1959: pittore, illustratore e uomo di spirito, Panini, Modena, 2002.
Sinigaglia (a cura di), Augusto Majani. La potenza dell’idea (1867-1959), Associazione Bologna per le Arti, Bologna, 2021.
Sinigaglia F., Museo Ottocento Bologna. Guida al Museo, Pendragon, Bologna, 2023.