Questo articolo ha lo scopo di analizzare l’attività di decoratore di Augusto Sezanne (Firenze, 1856 – Venezia, 1935), in particolare quella per il recupero di Casa Stagni a Bologna, il cosiddetto Canton de’ Fiori, all’angolo tra le attuali vie dell’Indipendenza e Rizzoli, avvenuto tra il 1880 e il 1892.
Augusto Sezanne fu una personalità poliedrica, esercitando come pittore, architetto e decoratore. Studiò pittura e ornato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove dal 1882 sarà insegnante di elementi d’ornato, incarico che terrà fino al 1893, quando si trasferirà a Venezia come insegnante di decorazione presso l’Accademia locale[1].
Per lui Bologna sarà un importante momento di crescita artistica, non solo per la frequentazione dell’Accademia, ma soprattutto per la sua collaborazione all’attività della Gilda di San Francesco capeggiata da Alfonso Rubbiani (Bologna 1848 – Bologna 1913), di cui è uno dei principali protagonisti insieme ad Achille Casanova (Minerbio, 1861 – Bologna, 1948), Alfredo Tartarini (Bologna, 1845 – Bologna, 1905) e Edoardo Collamarini (Bologna, 1863 – Bologna, 1928).
Il primo incontro con Rubbiani avvenne in occasione dei lavori per il restauro del castello di San Martino del conte Francesco Cavazza, eseguito tra il 1883 e il 1885[2]. Questa esperienza traspare dal quadro Atrio di un castello medievale del 1886, una sintesi immaginaria di un repertorio architettonico e decorativo indagato con rigore filologico, in cui Sezanne si mostra già pienamente affine allo spirito rubbianesco (fig. 1). Collaborerà inoltre ai restauri nella chiesa di San Francesco.
Gli stretti legami con l’ambiente bolognese (confermati dalla partecipazione al Circolo artistico di Bologna e alle mostre della Società Francesco Francia tra il 1899 e il 1905 e dell’aver fatto parte della Gilda di San Francesco), si saldarono ulteriormente con l’adesione alla Società Aemilia Ars, fondata da Rubbiani nel 1898, che diede voce al Liberty emiliano perseguendo, sul modello delle Arts and Crafts di William Morris, un miglioramento estetico nelle arti applicate.
Del gruppo riunitosi intorno a Rubbiani, parla positivamente Camillo Boito, per il quale le nuove generazioni di artigiani dovevano prendere esempio sia dalla natura sia dagli stili storici della pittura, cosa che sembra ben concretizzarsi nei nostri artisti. In un articolo sulla rivista di arte applicata da lui diretta, Arte italiana decorativa e industriale, Boito mostra di accogliere le prime avvisaglie del nuovo stile che si sta diffondendo in Europa[3]. Dopo un veloce excursus sulla nascita del nuovo gusto in Inghilterra e in Francia, egli cita l’esempio della scuola bolognese di Alfonso Rubbiani e in particolare dell’Aemilia Ars, in cui giudica positivamente il loro ricorso alla natura che sa confrontarsi con la tradizione e gli stili del passato:
Fuori dall’Istituto di belle arti, nell’ombra protettrice di una vecchia chiesa ogivale, è sorta da poco tempo in Bologna una piccola scuola […] d’arte floreale. La ispira e la dirige un uomo, il quale, sebbene architetto e restauratore, ha l’indole e le aspirazioni del poeta […]. […] mentre i Floreali d’altri paesi considerano gli stili del passato con abominio e si torturano la mente per iscansarne le forme, preferendo a queste una qualunque stravaganza o scipitaggine, purché abbia l’apparenza del nuovo, codesti nostri Bolognesi, pure intendendo alla originalità, amano il passato e se ne sanno valere[4].
Questo programma medievalista sostenuto dagli artisti dell’Aemilia Ars divenne centrale nella sistemazione edilizia e nella decorazione della facciata della casa di Canton de’ Fiori, compiuta nel 1892. La posizione nel cuore antico della città fa di questa impresa decorativa una sorta di manifesto della poetica elaborata da Alfonso Rubbiani e dai suoi seguaci nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, tanto che può essere considerato “primo tentativo d’arte nuova ispirata ai modelli della decorazione medievale e della prima rinascenza” e “manifesto della nascente scuola floreale bolognese”[5].
L’edificio, databile negli anni a cavallo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, si formò intorno alla torre medievale della famiglia Scappi e fu realizzato per volontà dell’allora proprietario, Francesco Stagni. Uomo di cultura e pittore anche esso, nella sua casa si tenevano dei circoli cui partecipavano Rubbiani, i componenti della sua Gilda, tra cui ovviamente lo stesso Sezanne.
Il progetto dell’edificio e dell’intero apparato decorativo si dovette a Sezanne, mentre Achille Casanova “sviluppò in grandi cartoni e condusse a fresco tutto il poema floreale immaginato e disegnato da Sezanne” [6].
Nella decorazione dell’edificio, Sezanne si rifà alla storia del luogo, partendo dall’antica denominazione della località, ovvero Canton de’ Fiori. Rubbiani ha lasciato un’attenta descrizione, in due articoli del 1905 pubblicati su Arte italiana decorativa e industriale, in cui descrive i particolari della decorazione, ispirata al “felice eclettismo della prima Rinascenza”[7], il cui filo conduttore è il ricorso alle immagini di fiori cui si accompagna, secondo la consuetudine degli antichi erbari, la corrispondenza con le espressioni dell’anima umana, in particolare con le virtù:
Fu il nome vecchio rimasto alla località “Canton de’ Fiori” che suggerì al Sezanne l’idea di questa decorazione. Sono tutti fiori e fogliami resi parlanti; secondo i gusti poetici degli antichi decoratori del quattrocento, i quali usavano coprire di tal maniera le intere pareti esterne delle case e dei castelli. E sotto ogni fiore è il nome di una virtù. […]. Nel fregio sotto il tetto, venendo da via Indipendenza, è la viola col motto humilitas; l’alloro con gloria; l’ulivo ha pax; il girasole constantia; la rosa amor; la quercia fortitudo; la palma victoria; il giglio innocentia; l’oleandro nobilitas; il gelsomino elegantia; l’acanto ars; il frumento vita; la dulcamara veritas; la digitale labor; l’iride fides; il mirto poesis; le canne palustri musica[8].
Dunque, il fregio affrescato sotto il tetto presenta figure di fiori intervallate dalle finestre con archi a tutto sesto, circondate da terrecotte in rosso e ripassate con la foglia d’oro. Al piano nobile c’è una fila di ampie finestre bifore, sempre ornate da terrecotte policrome. Al di sotto, c’è un altro fregio affrescato che riprende quello superiore (figg. 2-3). La policromia è presente anche sulle mensole e sulle colonne della balaustra del balcone d’angolo in cui Sezanne, secondo Rubbiani, “concentrò lo sfoggio migliore e più accurato della sua architettura” nel tentativo di trasformarlo in “oggetto d’arte”[9]. Dopo studi sulle sculture decorative del XV secolo, Sezanne ideò la balaustra con rose, melograni e intrecci di vite (figg. 4-6).
Al proposito, lo scritto di Rubbiani si impegna nella difesa della policromia, ricercandone i precedenti storici non solo nelle antiche civiltà egizie e assire, ma anche nella perfetta arte dei greci:
Tutte queste sculture furono dall’architetto profilate, compite, accarezzate di colori e di dorature secondo gli intendimenti degli artisti della Rinascenza […]. Ricordo che mentre si stava, sulle impalcature, tra uno spirare di brezza invernale, miniando i marmi di quel balcone con tanto convincimento di riprendere una gentile tradizione dell’arte, non si era altrettanto sicuri dell’accoglienza che avrebbe fatto il pubblico a quella rinascita della policromia. Già di acerbe critiche eransi accese a questo proposito sui giornali. […]. Rendere evidenti tutti i particolari dello squisito rilievo, rialzarli con toni brillanti […] ecco la ragione estetica della policromia per gli architetti greci, oltre quella, provvidissima, di difendere i materiali costruttivi dalle lunghe insidie dei climi[10].
L’inaugurazione di Casa Stagni avvenne il 29 gennaio 1892 (fig. 7), in parte già scoperta agli inizi dello stesso mese e sappiamo dai giornali che ci fu una gran folla che accorse a vederla:
La folla accorre continua nella piazza che s’intitola del Nettuno per ammirare l’opera artistica del Sezanne. Le dispute si accendono; s’incrociano i pareri: ma l’impressione generale non potrebbe essere più favorevole. Si tratta d’un avvenimento, al quale non può rimanere estraneo chi abbia amore per l’arte[11].
L’anno successivo, nel 1893, Sezanne realizzò anche la decorazione degli interni dell’edificio con un progetto coerente alla facciata esterna. La data è dedotta dagli affreschi della sala interna: il fregio è dedicato ai pianeti, intervallati da intrecci di iris viola, simbolo di fides. I pianeti sono accompagnati dalle loro caratteristiche: da sinistra abbiamo Saturno con Longae Vitas, il Sole con Vita, la Luna Foecunditas, la Terra con la scritta Natura, il roteare degli astri con Motus e la stella cometa con Casus (figg. 8-10)[12].
Gli iris ritornano anche in gran parte della decorazione del mobilio, uniti ad un notevole gusto orientale: molti mobili, infatti, sono decorati con fibbie e serramenti in stile giapponese, realizzati dall’ebanista Vittorio Fiori (fig. 11). Le rose, simbolo di amor, sono presenti nella decorazione della camera da letto, alternate agli emblemi con il monogramma di Francesco Stagni e lo stemma di famiglia, ripreso anche nei lampadari della cucina (figg. 12-13)[13].
Terminata questa prima fase della decorazione, Sezanne riprenderà i lavori nel 1905 per completare la decorazione delle volte e delle lunette del portico. Abbiamo sempre una descrizione puntuale di Rubbiani, che ci descrive come il tema prescelto sia stato ispirato al mercato che tradizionalmente si teneva nella zona antistante la costruzione, prendendo spunto da alcune fasi del lavoro umano:
Epperò quando Augusto Sezanne, nell’estate decorsa, è ritornato alla casa dell’amico Stagni, in Canton de’ Fiori, per dipingere le volte e le lunette del portico, ha potuto con cuor leggero domandare al luogo stesso, alla gente che ivi si affolla vociando nei giorni di mercato e vende e compra di quanto cresce e matura nei campi del nostro contado, i temi da illustrare ivi col suo geniale pennello; cosi, nel mezzo del tradizionale mercato di ogni sabato, logicamente istoriando egli la nostra vita campestre, sorpresa in alcuni momenti o più pittoreschi, o più trionfanti, o più sentimentali[14].
La prima volta, quella più vicina a Piazza del Nettuno, è dedicata alla vite, con la raffigurazione della vendemmia nella lunetta attraverso un carro trainato dai buoi che trasporta il mosto (figg. 14-15); la seconda alla canapa e agli attrezzi per la sua filatura (canocchia e arcolaio) nella lunetta (figg. 16-17); la terza e ultima al frumento con il grano, con la raffigurazione nella lunetta della trebbiatura con i buoi (figg. 18-19).
La figurazione, di un linearismo asciutto ed elegante, è intercalata da antichi motti, espressione della saggezza popolare, che ben contribuiscono a restituire questo mondo arcadico e rurale fondato sui lavori della natura e del lavoro umano:
Bei temi, belle cose rurali che stanno per scomparire e che Augusto Sezanne ha fissate con una pittura semplice e sicura, ben descrittiva nella sua austerità quasi araldica e di una intonazione tutta decorativa, tutta sommessa ai diritti dell’architettura, portando nell’affresco le più vellutate e serie morbidezze di colori per cui i vecchi arazzi fiamminghi e i vecchi tappeti di Persia ci appaiono ora così preziosi per riposante musica di toni[15].
Sulla stampa del tempo, in particolare su L’Avvenire, si parla di “restauro ben riuscito”:
Un restauro ben riuscito è quello che è stato compiuto ai tre negozi di via Indipendenza che son situati sotto il portico di Canton de’ Fiori. Quando i proprietari dello stabile, fratelli Stagni fecero eseguire alcuni anni or sono il restauro generale del palazzo ritornandolo allo stile antico, secondo i disegni del prof. Sezanne, si lasciarono com’erano i tre negozi che guardano su via Indipendenza, producendo una stonatura, diremo così, artistica, che era tutt’altro che gradevole all’occhio. Ora questa dissonanza è stata tolta, ed i tre negozi, abbelliti, ingranditi, rinnovati esternamente ed internamente armonizzati stupendamente coll’intero edificio, completando quell’effetto mirabilmente pittorico ed artistico che promana dall’intero edificio. […]. Una lode speciale vogliamo tributare agli intelligenti proprietari, ben noti amatori d’arte, i quali oltre all’aver completato un restauro che onora Bologna, hanno saputo dare un nobilissimo esempio, dimostrando come si possano conciliare i diritti dell’arte antica, col rispetto delle esigenze moderne[16].
Ad oggi, Casa Stagni si conserva ancora perfettamente intatta sia nelle decorazioni interne che negli arredi grazie agli eredi, che hanno favorito il restauro dell’edificio[17].
Marina Crocoli
[1] Per una biografia di Augusto Sezanne, cfr.: C. CRESTI, Augusto Sezanne, in Il Liberty a Bologna e nell’Emilia Romagna: architettura, arti applicate e grafica, pittura e scultura, retrospettiva di Roberto Franzoni, Adolfo De Carolis e Leonardo Bistolfi, prima indagine sull’art-déco, catalogo della mostra, Grafis, Bologna, 1977, pp. 39-40; C. POPPI, Augusto Sezanne, in Alfonso Rubbiani: i veri e i falsi storici, a cura di F. SOLMI, M. DEZZI BARDESCHI, Grafis, Casalecchio di Reno, 1981, pp. 398-399; E. PRETE, Sezanne, Augusto, in Dizionario Biografico degli Italiani, 92, 2018, https://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/Dizionario_Biografico.
[2] Cfr. F. SINIGAGLIA, Il fascinoso liberty di Augusto Sezanne: la decorazione della Sala dello Zodiaco in Palazzo Rosso di Bentivoglio e altre commesse, in BUITONI, Antonio, SINIGAGLIA, Francesca (a cura di), Su commissione di Carlo Alberto Pizzardi: progetti, opere d’arte e arredi a Bologna e Bentivoglio, Pàtron, Bologna, 2022, nota 19, p. 97.
[3] C. BOITO, L’arte italiana e l’ornamento floreale, «Arte italiana decorativa e industriale», VII, 1898, n.1, gennaio, pp. 3-5.
[4] Ivi, p. 5.
[5] C. POPPI, Augusto Sezanne, cit., p. 399.
[6] A. RUBBIANI, La casa di “Canton de’ Fiori” in Bologna, «Arte italiana decorativa e industriale», XIV, 1905, n. 1, gennaio, p. 9.
[7] Ivi, p. 8.
[8] Ivi, p. 9.
[9] Ibidem.
[10] Ivi, pp. 9-10. Sul tema della policromia, Rubbiani ritornerà con un articolo del mese successivo: cfr. A. RUBBIANI, La casa di “Canton de’ Fiori” in Bologna, «Arte italiana decorativa e industriale», XIV, 1905, n. 2, febbraio, pp. 16-17.
[11] La nuova casa del Canton de’ Fiori a Bologna, «L’illustrazione italiana», XIX, 1892, n. 8, 21 febbraio, p. 122.
[12] Cfr. F. SINIGAGLIA, Il fascinoso liberty di Augusto Sezanne, cit., pp. 110-111.
[13] Ivi, p. 111.
[14] A. RUBBIANI, La casa di “Canton de’ Fiori”, febbraio 1905, cit., p. 17.
[15] Ivi, p. 18.
[16] Un restauro ben riuscito, «L’Avvenire», VIII, 1903, n. 318, 18 novembre, p. 3.
[17] Il restauro più recente è stato condotto nel 1992, a cento anni dall’inaugurazione. Cfr. T. COSTA, E. STAGNI, (a cura di), Canton de’ fiori 1892-1992: recupero di immagine e storia nel centro di Bologna, Costa Editore, Bologna, 1992; E. STAGNI, Canton de’ fiori: l’avventura di un’idea, Pendragon, Bologna, 2022.
REGESTO ICONOGRAFICO
1-A. SEZANNE, Atrio di un castello medievale, 1886, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
2-A. SEZANNE, Facciata di Casa Stagni verso via dell’Indipendenza.
3-A. SEZANNE, particolare del fregio del piano nobile.
4-A. SEZANNE, balcone di Casa Stagni.
5-A. SEZANNE, dettagli della balaustra del balcone di Casa Stagni.
6-A. SEZANNE, dettagli della balaustra del balcone di Casa Stagni.
7-La nuova del Canton de’ Fiori, architettura e decorazione di Augusto Sezanne, «L’illustrazione italiana», XIX, 1892, n. 8, 21 febbraio, p. 117.
8-A. SEZANNE, particolare del fregio interno di Casa Stagni.
9/10-A. SEZANNE, particolari del fregio interno di Casa Stagni.
11- A. SEZANNE, credenza con intarsi a motivi di iris.
12- A. SEZANNE, Decorazione Casa Stagni, Camera da letto.
13- A. SEZANNE, Lampadario cucina con stemma della famiglia Stagni.
14/15-A. SEZANNE, decorazione della prima volta e della lunetta di Casa Stagni.
16/17-A. SEZANNE, decorazione della seconda volta e della lunetta di Casa Stagni.
18/19-A. SEZANNE, decorazione della terza volta e della lunetta di Casa Stagni.
© Crediti fotografici, F. SINIGAGLIA, Il fascinoso liberty di Augusto Sezanne: la decorazione della Sala dello Zodiaco in Palazzo Rosso di Bentivoglio e altre commesse.