Alfredo Savini e Ovidio: il mito di Pigmalione

 

Alfredo Savini, Pigmalione, 1896, fotografia, FAS, Archivio Diocesano di Verona [Concorso per Pensionato Artistico Governativo, 1896]

 

<<Ѐ un’arte così grande che non si vede>> Ovidio, Metamorfosi

Pigmalione (1896), olio su tela risalente al periodo del trasferimento dell’artista a Verona per dirigere l’Accademia Cignaroli, rappresenta il culmine della produzione simbolista di Savini, con evidenti riferimenti all’opera di Lawrence Alma Tadema (1836-1912).

Emblema della pittura vittoriana, Alma Tadema pone al centro della propria produzione artistica l’estetizzazione del mondo antico, attraverso rappresentazioni romantiche che concedono allo spettatore uno spazio di evasione, di fuga in un mondo classico idealizzato e ameno, in cui la passione umana si riflette nei delicati elementi floreali, presenti nella maggior parte delle opere; le componenti naturali rappresentano le uniche espressioni di vitalità, di fronte all’algida fissità e perfezione delle figure.

Aspettative, Lawrence Alma Tadema, 1885

L’opera di Savini, proposta alla nuova edizione del Concorso per il Pensionato Artistico Nazionale del 1896, è caratterizzato da un attento studio delle pose e dei movimenti dei personaggi, calati in un’ambientazione tipicamente greca antica, con le superfici marmoree che si stagliano nella loro geometrica perfezione contro lo sfondo, una sottile linea di mare sovrastata dalle vette del monte Olimpo. In primo piano, Galatea e Pigmalione, inseriti in una precisa linea diagonale che va dalla statua, ormai completamente mutata in donna, alla figura dello scultore, accasciato sulla sedia per l’incredulità. L’idealizzazione del passato classico, tipica della pittura edonista e preraffaellita, trova terreno fertile nel mito tratto dalle Metamorfosi di Ovidio: Pigmalione, scultore misantropo, deciso ad isolarsi da un mondo considerato impudico e volgare, così come le persone che lo abitano (soprattutto le donne), realizza una scultura dalle sembianze femminili, a grandezza naturale, le cui fattezze appaiono così perfette e verosimili da farla sembrare umana. L’uomo riserverà alla statua ogni attenzione e cura, come fosse vera, arrivando ad innamorarsene e a considerarla come propria compagna. Durante i riti celebrativi svoltisi ad Atene in onore di Afrodite, Pigmalione richiederà dunque implicitamente alla dea di trasformare la giovane d’avorio in una donna in carne ed ossa, venendo prontamente accontentato una volta tornato a casa; appena sfiorata infatti, la superficie fredda e levigata della statua cederà sotto le dita del proprio creatore, il viso si colorerà, mutando la pietra in pelle, e le membra rigide cominceranno a muoversi, dando vita a Galatea. L’opera di Savini raffigura il momento esatto della metamorfosi, in cui Galatea, sotto gli occhi attoniti di Pigmalione, tende il braccio sinistro davanti a sé, il viso contorto in un lamento, come se stesse traendo il primo respiro; riflettendo il fenomeno della “nascita” della giovane, un ramo di pesco pare fiorire improvvisamente accanto a lei, cingendole il corpo con i fiori, come fosse la natura stessa a infondere la vita nella creazione umana. L’opera di Alfredo Savini fa oggi parte della Fondazione Cariverona e nel 2001 è stato acquisito dalla Chiesa di San Giovanni in Valle, che ha ricevuto l’opera in dono dalla figlia, Laura.

 

Bibliografia

Sinigaglia Francesca & Ilaria Chia (a cura di), Dinastia Savini, catalogo della mostra a Museo Ottocento Bologna, Bologna, 18 ottobre 2024 – 5 maggio 2025, Museo Ottocento Bologna, 2024.

Nasone Ovidio, Metamorfosi, volume V, libri X-XII, Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori Editore, 2013

 

Caterina Taroni– Laureanda triennale in Lettere Moderne presso l’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, appassionata di storia dell’arte, letteratura, scrittura e lingue straniere.