Emma Bonazzi: tra innovazioni artistiche e parità di genere
Nuove acquisizioni al Museo Ottocento Bologna
Il XXI secolo è teatro di molte battaglie sociali che, seppur legittime e autorevoli, molte volte vengono combattute in modo astratto: nei salotti televisivi, con slogan pubblicitari o con discorsi vuoti e di retorica populista.
Fortunatamente, se negli anni alcune cose sono cambiate e si sono avuti successi, sia per quanto riguarda le disparità sociali, che per quanto riguarda le differenze di genere, lo dobbiamo soprattutto a persone del passato che, con le loro azioni concrete, hanno scardinato le “convenzioni” e le norme della società per inserirvisi come soggetti capaci, che proprio per le loro capacità godevano degli stessi diritti garantiti ad altri.
Un settore di cui oggi si parla poco, ma che nel tempo ha dovuto combattere e tuttora sta combattendo le disuguaglianze di genere, è l’Arte. Un settore in cui ancora oggi, sebbene meno di ieri, le donne devono lottare più degli uomini per emergere e farsi conoscere.
Ancora non del tutto adeguatamente presentate sono le artiste italiane che si sono dedicate a vari campi della creatività tra il primo Novecento ed il dopoguerra.
Ricordiamo tra queste la bolognese Emma Bonazzi (Bologna, 1881-1959) che, dopo una carriera strabiliante, morirà in miseria. Addirittura, un giornale dell’Emilia, negli anni ’50, pubblica un articolo a lei dedicato, dichiarando questo scandalo: “un’artista così importante che muore dimenticata da tutti”.
Infatti, Tigiù, pseudonimo con cui si firmava, non è stata solo pittrice, ma anche illustratrice, disegnatrice di cartelloni, di immagini pubblicitarie e creatrice di sofisticata oggettistica per la nascente industria italiana, in particolare per la Perugina, ma anche per Barilla ed altre ditte italiane. È entrata in competizione a livello nazionale, presentando le sue opere ad esposizioni sempre più importanti, dalla Biennale di Venezia alle mostre della Secessione romana.
Artista che ha adottato tecniche sempre varie, ponendosi come obiettivo il continuo rinnovamento della sua professionalità, inserendosi in contesti lavorativi tipicamente riservati agli uomini.
Nata nel 1881 inizia la sua formazione artistica all’Accademia di Belle Arti di Bologna e proprio qui, nel 1915, riceve il suo primo riconoscimento artistico, per la vittoria del concorso “Bevilacqua”, cui partecipa con l’opera Mater Dolorosa, tuttora conservata nelle collezioni dell’Accademia.
Museo Ottocento Bologna espone alcune sue importanti opere nella sezione dei Secessionisti; infatti, Emma Bonazzi è l’unica artista donna che compare nella lista dei Secessionisti romani.
Ma non è tutto, alle opere già presenti nella collezione del Museo Ottocento Bologna, Giovinezza (attualmente esposta al MART di Rovereto alla mostra di Klimt e l’arte italiana fino al 27 agosto 2023 – foto nella copertina) e le Stagioni, si stanno per unire altre due creazioni dell’artista.
Sono state infatti acquisite dal museo due raffinate scatoline che Emma Bonazzi aveva realizzato per la Perugina negli anni ’30 (vedi foto).
Finalmente oggi possiamo dare il giusto valore ai suoi capolavori e apprezzare una donna che, in tempi non facili e in un settore prevalentemente maschile come la grafica pubblicitaria, ha saputo esprimere quella creatività che oggi, come allora, distingue e ha distinto nei vari campi il lavoro delle donne emiliane.
(Scatola in argento con decoro di gentildonna recentemente acquisita dal Museo Ottocento Bologna)
(Scatola in tessuto con cacciatrice di farfalle recentemente acquisita dal Museo Ottocento Bologna)
Testo a cura di Federica Moscatelli
Bibliografia e sitografia:
Emma Bonazzi. Retrospettiva. A cura di Leda Sighinolfi. Aracne Editrice, Bologna, 2014.